La disciplina del mutuo
Il mutuo è definito dal legislatore nell’art.1813 c.c. come il “contratto col quale auna parte consegna all’altra una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili, e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità â€. Con riguardo all’oggetto del contratto di mutuo, quello di più frequente applicazione, è il mutuo di denaro. In tale ambito, se certamente è possibile stipulare un contratto di mutuo anche tra semplici privati, il contratto che è di più frequente applicazione è quello posto in essere da banche od istituti bancari. Tale tipo particolare di mutuo, nella prassi più frequente è disciplinato da specifiche leggi speciali, primo fra tutti il Testo Unico Bancario (Dlgs. 1 settembre 1993, n.385). Nel contratto di mutuo, la banca eroga denaro al mutuatario, il quale si impegna a restituirlo in rate periodiche. Le rate tendenzialmente hanno periodicità mensile, ma possono anche avere periodicità diversa, ad esempio trimestrale, semestrale od anche annuale. Ogni rata è composta di due elementi: una parte di capitale sufficiente ad ottenere la restituzione dell’intero debito nel termine prefissato e da una parte di interessi, che remunerano l’attività della banca. La modalità con cui il mutuo prevede la restituzione del capitale (cosiddetto “ammortamento†del capitale) si chiama “Piano di ammortamentoâ€. In astratto sono possibili diversi tipi di piano di ammortamento, ma quello nella prassi più usato è quello cosiddetto “alla franceseâ€. Tale piano di ammortamento prevede a parità di tasso di interesse, una rata costante, con una composizione iniziale di quasi soli interessi, e poco capitale. Tali proporzioni vanno via via invertendosi man mano che il mutuo decorre, fino alle rate finali che sono composte da quasi solo capitale, ed una quota interessi ridotta. Con un piano “alla francese†il capitale decresce molto lentamente durante le prime rate, e le eventuali oscillazioni degli interessi incidono in modo molto rilevante.
Tipi di mutuo
Il mutuo per la prima casa
Per espressa previsione legislativa, i mutui contratti per l’acquisto o la ristrutturazione della cosiddetta “prima casa†godono dell’applicazione di un’imposta in misura ridotta. Anziché scontare l’imposta nella misura ordinaria (pari al 2%), scontano l’imposta in misura ridotta, pari allo 0,25% sul capitale erogato. In realtà , a seguito di una circolare ministeriale.. detto principio è stato interpretato nel senso che è dovuta l’imposta in misura dello 0,25% sempre, salvo il caso di acquisto di cosiddetta “seconda casaâ€. Detta imposta (chiamata imposta sostitutiva), è versata direttamente dalla banca, che solitamente la trattiene dalla somma erogata.
Detraibilità degli interessi passivi
Il legislatore dispone che una somma pari al 19% degli interessi passivi ed oneri accessori pagati in dipendenza del mutuo possano essere detratti dalle imposte sui redditi (IRPEF) del mutuatario, sino a un importo di 3.615,20 euro (per un risparmio che può giungere fino a 686,89 euro per anno) e, per i mutui contratti a partire dal 1° gennaio 2008, sino ad un importo di 4.000 euro (per un risparmio che può giungere fino a 760 euro per anno). Se il mutuo è intestato a più persone, la detrazione viene divisa tra le stesse. Se il mutuo è intestato ad entrambi i coniugi e un coniuge è fiscalmente a carico dell’altro, la detrazione spetta a quest’ultimo per entrambe le quote di interessi. La detrazione è ammessa a condizione che: la casa sia adibita ad abitazione principale entro 1 anno dall’acquisto; l’acquisto sia avvenuto nell’anno precedente o successivo alla data del mutuo; da idonea documentazione risulti che il mutuo è stato contratto per l’acquisto dell’abitazione principale (dal 1° gennaio 2008 è necessario che questa destinazione risulti dall’atto di mutuo o da dichiarazione allegata ai fini dell’aliquota dello 0,25% dell’imposta sostitutiva). Oltre agli interessi passivi nella misura sopra indicata, si detraggono anche gli oneri pagati in dipendenza del mutuo. Sono oneri detraibili: l’imposta sostitutiva, l’imposta per l’iscrizione dell’ipoteca, le spese di istruttoria, le spese di perizia e le spese notarili. Se il mutuo eccede il costo sostenuto per l’acquisto dell’immobile (prezzo di acquisto, tasse, spese notarili e degli oneri accessori), si possono detrarre i soli interessi calcolati sul costo stesso. ESEMPIO: Costo dell’immobile 50.000 euro; mutuo 70.000 euro; interessi passivi annui 2.800 euro. Gli interessi detraibili si determinano come segue: costo di acquisto dell’immobile x interessi passivi : capitale dato a mutuo, cioè: 50.000 x 2.800 : 70.000 = 2.000 euro Poiché il mutuo è superiore al costo dell’immobile è possibile detrarre solo gli interessi calcolati su 50.000 euro, cioè, 2.000 euro. La copia della parcella notarile del mutuo, insieme alla certificazione degli interessi passivi rilasciata dalla banca, dovranno essere consegnate al proprio commercialista o a chi prepara la dichiarazione dei redditi.
La tutela del mutuatario come consumatore
Gli articoli 40 e 41 del codice del consumo (D.lgs 6 settembre 2005, n. 206), relativi al credito al consumo e la tasso annuo effettivo globale e pubblicità , sono stati assorbiti interamente dal Titolo IV del D.lgs 1 settembre 1993, n. 385, in attuazione della Direttiva 2008/48/CE, avvenuta con l’emanazione del D.lgs 13 agosto 2010, n. 141, successivamente modificato dal D.lgs 14 dicembre 2010, n. 218. Il suddetto codice, pertanto, in tema di credito al consumo, si limita a fare rinvio ai capi II e III del titolo VI del citato decreto legislativo n. 385 del 1993, e successive modificazioni, nonché agli articoli 144 e 145 del medesimo testo unico per l’applicazione delle relative sanzioni. L’art. 1 del D.lgs n. 141/2010 sostituisce l’intero Capo II del Titolo VI del t.u.b. riguardante il “credito ai consumatoriâ€. L’art. 121 t.u.b. riprende le più significative definizioni contenute nella direttiva tra cui, in particolare: CONTRATTO DI CREDITO: è il contratto con cui un finanziatore concede o si impegna a concedere a un consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra facilitazione finanziaria. FINANZIATORE: è il soggetto che, essendo abilitato a erogare finanziamenti a titolo professionale nel territorio della Repubblica, offre o stipula contratti di credito. L’art. 122 t.u.b. individua l’ambito di applicazione della disciplina del credito al consumo. Esso regola i contratti di credito comunque denominati, ad eccezione di alcuni casi tassativamente previsti. Si segnala in particolare che: – i finanziamenti di durata superiore a cinque anni, garantiti da ipoteca su immobili, non sono mai assoggettati alla disciplina del credito al consumo; – i finanziamenti di durata non superiore a cinque anni, garantiti da ipoteca su immobili, sono assoggettati alla disciplina in oggetto purché in questo caso siano destinati ad uno scopo diverso (liquidità ) dall’acquisto, conservazione o ristrutturazione di un diritto di proprietà su un terreno o su un immobile.